Appena ricevuta l’autorizzazione a confessare, il giovane Padre, Pio Alberto Del Corona, si mostrò assiduo, nella chiesa di San Marco a Firenze, al ministero della confessione; parlando correntemente la lingua inglese e francese, ebbe modo di avvicinare anche persone straniere e dissidenti con la fede cattolica.

Rapidamente si sparse la voce che quel giovane Padre aveva grandi doti di confessore e direttore spirituale, altrettanto rapidamente si formò un gruppo di discepoli, figli spirituali di varia condizione (laici, sacerdoti, religiosi), di varia cultura ed estrazione sociale.

Il Padre aveva la stessa cura amorevole per tutti, per l’intellettuale, l’artista, il nobile, come per il semplice popolano.

Vedendo che la folla dei penitenti intorno al Padre cresceva senza sosta, il priore di San Marco, Tommaso Corsetto, per salvaguardare la salute del confratello, gli ordinò di limitare le confessioni a due soli giorni la settimana.


Un paio di occhiali ed un abito liturgico appartenuti a Mons.Pio

Durante i lunghi anni del suo ministero sacerdotale Mons.Pio ha intrattenuto rapporti amichevoli con molte persone, ma non è sempre facile distinguere in quali casi Mons.Del Corona sia stato semplice consigliere e in quali casi sia stato un vero e proprio direttore spirituale.

In questa pagina faremo qualche esempio dell’uno e dell’altro caso; tale differenziazione però non riguarda lo zelo apostolico, il desiderio ardente di santificare le anime, che Mons.Pio mostrava in ogni occasione che gli si presentava.
Più volte ha scritto che Dio gli aveva donato un cuore di padre e di madre, e in un passo ha ben sintetizzato il desiderio di portare tutti alla santità: “La santificazione vostra mi preme più della vita […] A perder la vita ci si rassegna, ma non al pensiero di veder pure un’anima mancare all’alto destino di santità a cui il Signore la chiama” (lettera del 9 aprile 1886).

Direttore spirituale a pieno titolo Mons.Pio è stato delle suore della sua congregazione, le quali confessava e istruiva con la predicazione, gli esercizi spirituali, le lettere.
Ecco un esempio di direzione spirituale affidata alla corrispondenza, la lettera del 2 gennaio 1890 indirizzata alla Madre Elena e, indirettamente, a tutta la comunità delle suore.

Mando gli appunti per la M. S. Priora, perché faccia il componimento col titolo “Ombre dappertutto”.

E’ una grande verità anche nelle vie della perfezione: a ogni raggio di luce segue l’ombra e l’anima stessa naturalmente abita in un’ombra impenetrabile, come Dio in una luce inaccessibile. La luce senza ombra è nel cielo. [...] Cerca ora di accomodarti anche tu alle vicende ineguali del tuo spirito che è nella sua inerzia attivo e pare a te nella sua attività inerte.

Si riposa in Dio quando non si lavora con i fantasmi e coi ragionamenti, quando si fanno atti di volontà senza sforzo o quando si gitta uno sguardo a Lui ogni tanto.

All’anima par di non fare quando non si agita, ma l’agitarsi non è il cercare. Della Maddalena fu scritto che ella, più che cercare Gesù si agitava, e anche avendolo innanzi non lo conosceva.

Gesù si vede di fianco e non di faccia, perché ci si agita.
Questa teoria l’avevo preparata per gli esercizi, quando si parlava del Volto del Crocifisso, ma non la dissi, quell’agitarsi è una delle imperfezioni nostre nella vita presente.

Bisogna rammentarsi che la orazione è l’elevazione della mente a Dio, che il desiderio è un clamore, che il fervore è lingua dello Spirito e che il silenzio nostro a Dio parla.

Un pensiero e un affetto, sono la nostra orazione mentale. Il mostrare a Dio la nostra miseria è una eccellente orazione, il pensare ai doveri da compiere è una eccellente meditazione, il guardare le Mani, il Volto, i Piedi, il Costato del Crocifisso è una eccellente contemplazione.

Ecco tutti i gradi: orazione, meditazione, contemplazione; tutti buoni e opportuni perché pratici e diretti a sterpare le spine dell’orgoglio dal cuore.

Il silenzio del Crocifisso a noi parla e il nostro silenzio a Lui.

Ma il silenzio, l’ombra, la morte davanti alla croce del Verbo Incarnato sono eloquenza, luce e vita dell’anima. Impariamo dunque a tacere, a stare nell’ombra e a morire ogni giorno a noi stessi lottando per mantenerci nell’equilibrio della virtù e dell’amore: Questo è il nostro destino.

Hai capito?
Domani è il mistero della adolescenza di Gesù e dello smarrimento. I due cuori santi in affanno dopo un giorno di festa e un viaggio al tempio, quale ammaestramento!

Maria nell’ombra del dolore e il suo sposo ancora.

Era il tipo supremo delle pene nuove delle anime fidanzate al Verbo di Dio.

Le desolazioni arcane e ineffabili vennero al mondo quando il Verbo si fece carne. Velandosi di carne, sposandosi alle anime senza mostrare ad esse la sua luce.
Dovevano sorgere affetti nuovi di infinita soavità a cui corrispondono le angosce del cuore. Se il Verbo attrae infinitamente, infinitamente addolora quando simula fughe, quando si rende invisibile e non sentito. Quindi amare Lui è tormento e morte prolissa.
Nell’alternativa delle chiarezze e delle oscurità, nell’avvicendarsi delle aridità e dei fervori, nella successione rapida della pace e della lotta è la vita di quaggiù.
La volontà nelle agitazioni si deve tenere salda, attaccata al suo obbietto e avere per àncora la speranza.

S.Paolo ha detto che per la pazienza e la consolazione delle Scritture sorge in noi la speranza. Non si concepisce mai abbastanza la necessità di agire con l’intelletto e la volontà infrenando la fantasia e il cuore. La fantasia è fabbricatrice di parole e strane idee che annebbiano e distraggono dal sole divino.
Il cuore agitandosi al balenare fitto fitto di tali futilità e stranezze perde la sua forza e la sua snellezza.
Non vanno la fantasia e il cuore dietro all’intelletto e alla volontà, ma la fantasia svia l’intelletto e il cuore stanca la volontà che in fine svogliata e annoiata di quel perenne altercare si abbatte e dispera dell’altezza.

Ecco i macchinamenti del maligno che annebbia e svigorisce agitando l’anima, la poverella di Dio esule nella terra dove si lotta e si piange.

E allora ci vuole il grido vittorioso della fede espresso dal focoso David: Si levi su Dio e si dileguino dalla faccia di Lui i suoi nemici [...] Come cera e come fumo si struggano, si dileguino.

Ecco l’inizio dello scudo dell’anima, povera esule, cieca ai fulgori del mondo invisibile, sorda alle armonie dell’eterna vita, fredda intorno al focolare della infinita carità, resa pesante dal corpo; affaticata dalle pugne, derelitta sovente anche da Dio, che la cimenta prima di coronarla e la impiaga e la insanguina prima di darle il suo bacio eterno.

Vuole Dio che la infermità lo vinca, le lacrime lo disarmino, l’umiltà lo tiri.

Ecco il segreto di vincere, di disarmare, di tirare Dio che è onnipotente, umiliarsi sotto gli uomini, le bestie e i demoni, rannicchiarsi intimo dell’anima quando Dio ci percuote, e così dandogli ragione in silenzio inchinarlo a tenerezza verso la nostra miseria.

E’ facile e soave dottrina questa, e da tener cara per giungere all’amicizia di Dio e alla sua intimità.

Fatelo come esercizio del Gennaio che è Mese da consacrare al Nome, al sangue e al Cuore di Gesù, maestro di pugne nuove, riparatore delle nostre antiche rovine, autore degli amori virginali e delle nozze di sangue.

Lodate il suo Nome, aspirate e respirate il suo Sangue, studiate e imitate il suo Cuore.

Nel Nome di Gesù si trionfa, col suo sangue ci si sdebita, col suo Cuore si vive.

Possiate in questo esercizio trovare conforti e gioia cumulando meriti per la eternità.

Domani sarà il re sul trono e i vostri cuori saranno ben felici di slanciarsi in seno alla luce dell’amore per gareggiare in adorazione con gli angioli.

Possiate in quel certame di amore restar ferita di ferita immedicabile, e la freccia di fiamma vibrata dell’amante divino resti confitta sul vostro cuore; sì che abbiate a dire con Giobbe a Dio: “Le tue saette sono confitte in me”.

Le cerve ferite e assetate corrono, e nessuno le può fermare; bello e caro emblema di anime innamorate di Dio e d’insaziabili ardori languenti sul cammino della tomba! […]

Addio, c. M. sii felice nel riposo davanti a Dio.

 

 

Il pastorale e la mitra di Mons.Pio; il pastorale, non pregiato, è quello prelevato dall’urna di S.Antonino
che Mons.Pio aveva scambiato con un pastorale d’oro che a lui era stato regalato


Direttore spirituale in senso pieno Mons.Pio lo è stato anche per molti laici, persone che vivevano nel mondo; tra le figlie spirituali una delle predilette è stata senz’altro la contessa Giorgina Finocchietti, che ha beneficiato di moltissime lettere.

Molto bella e significativa è la seguente lettera, in cui Mons.Pio dispiega la sua saggezza e sensibilità nel consigliare Giorgina riguardo alla scelta dello stato di vita.

Casciana 16 Ottobre 1880

Egregia Sig. Giorgina

Perché affannarsi? Le mie parole debbono esserle di conforto, non di sgomento.
Primieramente io non sono ispirato né Ella dee pigliare per rivelazioni le mie parole. Io solamente opino e la mia opinione rimane nel suo cerchio naturale. Bisogna pregare Gesù che ci faccia conoscere la sua dolce volontà, la quale certo non tarderà a disvelarti.

È scritto che Dio è buono all’anima che lo cerca.

Ella lo cerca con ingenuo ardore di mente, lo ama con tutte le forze e lo troverà squisitamente buono e soave. Non si stanchi di pregare.
La vocazione è un dono celeste.

È una voce interna, seria, irresistibile. Se Dio la chiama, ella udirà quella voce che la spingerà a una meta sublime, né vi potrà resistere.

Non si metta in angustia. Lo stato verginale di cui le brillò all’anima la bellezza, è cosa che può stare senza il chiostro. Il fiore verginale crebbe e cresce all’ombra del chiostro più sicuramente, ma cresce anche nel secolo, ne’ palagi e nelle corti.
Gesù ha delle spose degne di sé nelle famiglie povere e nelle ricche.

Ella dunque potrebbe servire a Dio anche senza esser monaca.

Non corra dunque troppo.

Le sue apprensioni fosche si dileguerebbero se ella vedesse, ad esempio, le Suore del mio Istituto, di Firenze, le quali fanno versi, cantano, suonano, saltano nel giardino e poi educano le bambine del popolo e sfavillando di fervore salmeggiano davanti a Gesù.

Vorrei che le vedesse e altre idee più liete le verrebbero sullo stato religioso. Ma, come dico, non è necessario essere religiosa per fare professione di vita angelica.
Le raccomando di riprendere il suo fervore e la sua pace. Non trascuri le voci che lo Spirito Santo le fa sentire nell’anima, ma non si preoccupi affannosamente del suo stato.

Se ella seguiterà a vagheggiare il Matrimonio, rimanga tranquilla.
È cosa onesta; è un sacramento e molte sante che adornano la Chiesa, furono assunte da quello stato. Avranno il premio secondo la carità che è la misura della gloria; solo avranno di meno l’aureola che pregia i vergini in cielo, i quali sulle arpe de’ loro cuori canteranno il cantico nuovo.
Qualunque sia lo stato a cui si volga, ella con la virtù sostenuta dalla grazia sarà felice. Io la seguirò col medesimo amore, felice io pure di essere stato in mano a Dio strumento di grazia che ha in lei suscitate soavi commozioni e simpatie misteriose per la santa verginità.
La Vergine Maria ha diffuso splendori nuovi sulla verginità e sulle vergini e le ha rese sì venerabili da doversi reputare felicità il destare anche una dramma di amore per la verginità in cuore di Donna.

Questo raggio d’amore si è acceso in lei al suono delle mie parole, mi basta. Ella mi ha procacciato un sublime conforto e ne sono grato alla sua bontà squisita.
Eccole detto il mio pensiero più chiaramente.

Ella ci pensi davanti a Dio e si lasci governare dalla dolce Provvidenza che sul capo di lei veglia.

Preghi e preghi tanto.
La preghiera vincerà tutto.

La riverisco e la benedico.


La Beata senese Savina Petrilli

Fra le tante persone che hanno beneficiato della direzione spirituale di Mons.Pio spicca una Beata senese, la Madre Savina Petrilli (1851-1923), fondatrice della congregazione “Sorelle dei Poveri di S. Caterina da Siena”.

Probabilmente il loro primo incontro risale al 1880, quando Mons.Pio visitò l’istituto aperto dalla Madre Savina a Siena; dall’anno successivo la Suora affidò la sua anima al Vescovo domenicano, che la chiamava sua seconda figlia spirituale.

Talvolta era Mons.Del Corona che andava a visitare la Madre Savina, ma più spesso era lei che si faceva ospitare al Monastero delle suore fondate da Monsignore; qui trascorreva lunghi periodi in amicizia con la Madre Elena, specialmente in occasione di ritiri ed esercizi spirituali predicati da Mons.Pio.

Quattro volumi di lettere indirizzate alla Madre Savina, raccolte e conservate dalle sue suore, testimoniano la durata del rapporto (sino alla morte del Vescovo) e l’alta sapienza con cui Mons.Del Corona guidava le anime più generose e avanzate nelle vie dello spirito.
Riportiamo, qui di seguito, alcuni pensieri spirituali scritti ed inviati alla Madre Savina per essere meditati e attuati; se la Madre è stata elevata agli onori degli altari, un po’ di merito va riconosciuto alla direzione illuminata di Mons.Pio.


24 novembre 1897
Coll’amabilità e col sorriso renderò soave il comando e meno aspra la correzione.

24 settembre 1898
O Gesù, per darvi gloria io dovrei essere celestialmente pura, seraficamente fervida, regalmente generosa, eroicamente umile. Prendetemi come sono e fatemi come mi volete.

L’amore è luce, fiamma, balsamo, bellezza, vigore, sapienza, gioia e ricchezza dell’anima. Lo chiederò a Gesù: è la sola cosa ch’ei non rifiuta.

Quando Gesù mi manda dolori cocenti mi dà segno di forte e tenero amore. M’imprime le sue stigmate sanguinose: potrei io ricusar tanto onore?

11 dicembre 1898
O Dio, voi stabilite il tempo, il luogo e la misura de’ patimenti e non errate. Colmerò di lode la vostra mano e adorerò le vostre disposizioni sapienti, soavi, piene di amore per l’uomo.


26 aprile 1898
Amore e dolore fanno la vittima. Amerò, celerò i miei dolori e nel doloroso amore mi farò santa.


28 settembre 1905
Quando prendo e sento in me l’Ostia santa è di fede che Gesù è dentro di me, è di fede che lo Spirito Santo opera in me, è di fede che l’anima mia si trasforma nella gloriosa immagine della eterna divinità: quanta sicurtà e quanta gioia da questo pensiero!

1° novembre 1905
Abbraccio nella carità di Gesù tutti i santi, con essi e in essi mi dilato nell’infinito di Dio e, glorificando la Trinità che li fece santi, accetto di pugnare come essi hanno pugnato, per arrivare dove essi sono arrivati. Sono anch’io concittadina de’ santi, della famiglia di Dio. La mia casa paterna, la mia famiglia è lassù. O Gerusalemme celeste sii ora il mio sospiro: sarai un dì il mio soggiorno.

[senza data]
Chi comanda in nome di Dio ubbidisce a Dio: chi governa una Comunità ubbidisce al Vescovo e al Pontefice sotto la cui ombra è il Sodalizio. Chi regge una famiglia è servo di essa e porta i pesi di tutti.


La Beata Maria Margherita Caiani

Un’altra Beata, questa volta dell’area fiorentina, ha fatto ricorso alla bontà ed alla saggezza di Mons.Pio, la Madre Maria Margherita Caiani (1863-1921), fondatrice delle “Suore Francescane Minime del Sacro Cuore”.

In questo caso non c’è stato un vero e proprio rapporto di direzione spirituale, bensì un aiuto spirituale limitato ad alcune circostanze.

Nel 1891, quando era ancora giovane e indecisa sulla strada da intraprendere, Marianna (questo il nome di battesimo) Caiani conobbe e strinse amicizia con Teresa Papanti, terziaria domenicana come lei; l’anno seguente Teresa si fece suora con il nome di suor Caterina (qui fotografata sul letto di morte) ed entrò nel Monastero fondato da Mons. Pio.

Dalle lettere che si sono scambiate risulta che la Papanti abbia invitato Marianna per parlare con Mons.Del Corona e farsi accettare fra le suore o comunque avere dei consigli su come indirizzarsi nella vita; non esiste un documento che provi esplicitamente tale incontro, ma tutto fa supporre che sia avvenuto nel 1893 e che Mons.Pio abbia suggerito a Marianna di indirizzarsi verso una vita più attiva di quella del Monastero.

Alcuni anni più tardi, nel 1901, quando ormai Marianna aveva dato l’avvio alla sua congregazione religiosa ed era diventata suor Maria Margherita, si recò a Prato, dove Mons.Pio partecipava ai festeggiamenti in onore di S.Caterina de’ Ricci.


La Caiani si fece riconoscere e raccontò la sua missione e le difficoltà che incontrava, insistendo sul fatto che, se non avesse trovato una maestra, la scuola da lei aperta avrebbe rischiato di chiudere.


Mons.Pio le assicurò il suo interessamento, senza però dire nulla di preciso; la Madre Caiani se ne andò confortata e perseverò nella preghiera, finché, qualche tempo dopo, sollecitata da Mons.Del Corona, arrivò la tanto sospirata maestra, Doralice Bizzaguti, che consolò il cuore della Madre fino al punto di diventare una delle sue suore.

Due suore di Mons.Pio, in visita alle suore della Caiani, sostano davanti alla salma della Beata